Pinocchio di Guillermo del Toro, recensione: tra Fascismo e canonico

Arriva oggi al cinema per una settimana Pinocchio di Guillermo del Toro, che sarà disponibile anche su Netflix a partire dal 9 dicembre.

Il regista messicano premio Oscar e il premiato genio della stop-motion Mark Gustafson reinterpretano l’iconica storia di Carlo Collodi ambientandola durante il Fascismo e facendo intraprendere al leggendario burattino di legno una serie di avventure bizzarre e fantastiche.

Abbiamo potuto vederlo in anteprima e ve ne parliamo, senza spoiler, dopo il trailer.

Geppetto è un vedovo falegname che soffre ancora per la perdita del figlio Carlo a seguito di un bombardamento durante la I Guerra Mondiale. Una sera, ubriaco, abbatte un albero vicino alla tomba di Carlo e da quel legno costruisce una marionetta che chiama Pinocchio. Una fata, accorgendosi che l’anima di Carlo si è reincarnata nell’albero, dona vita alla marionetta e istruisce il grillo che viveva al suo interno, Sebastian, di fare da guida a Pinocchio. Geppetto è sorpreso di ritrovarsi un nuovo figlio a carico, ma Pinocchio nota nel suo creatore una certa malinconia nel rimpiazzare Carlo, così parte per il mondo con l’obiettivo di imparare a essere un figlio migliore per il suo papà.

Pinocchio di Guillermo del Toro. Cr: Netflix © 2022

La storia canonica di Carlo Collodi viene destrutturata da del Toro e innestata di elementi fascisti (e antifascisti) come mezzi con cui approfondire temi quali l’amore, la libertà, il senso della vita e l’elaborazione del lutto. La gestione di queste tematiche è ben scandagliata durante il film, per coinvolgere ed emozionare lo spettatore lungo tutta la sua durata, fino a raggiunge il suo apice nelle scene finali.

Il Pinocchio di del Toro non è solo la storia della celebre marionetta; se siete fan del regista, infatti, amerete ritrovare tributi e Easter egg di suo precedenti grandi successi, da Cronos a Nightmare Alley, passando per Il labirinto del fauno, La forma dell’acqua e tanti altri.

Dal punto di vista tecnico, il nuovo film del regista messicano è un connubio di estetica visiva e musicale, grazie a uno stop-motion di eccellente fattura e a canzoni ottimamente scritte con cui vengono raccontate le vite e i sogni dei protagonisti, a cominciare dall’emozionantissima “Ciao Papa”.

La rivisitazione del Pinocchio di Collodi è ben architettata per buona parte del film, soprattutto nella prima metà, dove ben si lega alle classiche scene della storia per come la conosciamo; al contrario, le battute finali di questo stop-motion vengono contaminate eccessivamente dagli elementi fascisti e, nel farlo, si allontana decisamente troppo dall’originale.

Pinocchio di Guillermo del Toro. Cr: Netflix © 2022

Pinocchio di Guillermo del Toro reimmagina la storia del celebre burattino arricchendola del background della I Guerra Mondiale per parlare del senso della vita, dell’amore e della libertà nel pieno stile del suo regista; una rivisitazione che fa riflettere, ma che, snaturando eccessivamente il canonico sia nella trama sia nei personaggi e nelle creature originali, non riesce a impattare emotivamente come fatto invece intuire dalle premesse.
Voto: 7

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